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A corto di muso duro

Lo stato generale della Juventus di oggi e le possibili vie d'uscita

La situazione di una squadra che nel forzato ruolo di élite del campionato italiano pur dopo un rocambolesco quarto posto si è fatta inghiottire dalle aspettative: succede come per una corsa di cavalli, dove si costruisce da soli nel proprio riservo e solo in campo si scopre quanto dura è la competizione che viene lavorata in altre scuderie. 

Lo spettacolo della Juventus attuale ha perso le sue sfumature comiche, caratterizzate dalle immagini di giacche e stati americani ma anche di flashback del passato a vigneti, plusvalenze e tante altre canzonature ai suoi vecchi allenatori e dirigenti lasciando alla tragedia collettiva il pieno palcoscenico dopo le due sconfitte consecutive con Sassuolo e Verona leggiamo anche non strabuzzando troppo gli occhi che la squadra allenata da Allegri si posiziona al nono posto. 

La psicosi è servita: se delle singole cadute potevano esser assorbite dalla lotta interna di tifo che pone le sue basi della situazione dell'Aprile 2019, ora che diviene sempre più incandescente sono in pochi a poter ostruire con l’illogicità di discorsi basati principalmente sull’amore incondizionato per la maglia oltre che l’assenteismo dal commentare i crudi spunti disfattisti è divenuto ormai impresa titanica difendere con convinzione una singola figura dal lato gestionale di questa società. La squadra si ritira per riflessioni e quale modo migliore per restituirci della tanto agognata calma per capire in effetti con cosa si ha a che fare da appassionati di questa squadra (o da appassionati di problematiche societarie). 

Con la sconfitta esterna di Verona anche le impalcature discorsive, cavallo rampante della vecchia gestione, sembrano essere definitivamente crollate e nonostante il dissidio sui contrasti e i falli, la millantazione dell’errore tecnico frequente e del nevrotismo di inseguire il risultato, la paura di prender gol che manca come motivo di attenzione sono passate al tanto meritato didascalico silenzio poiché anche una chiosa finale doveva esser espressa da delle parole che riecheggiano negli animi dei tifosi. 

Le parti del problema 

Per quanto si possa spostare il discorso sulla questione della malgestione delle risorse qualitative che mai sembra mancare nel tifo Juventino, il quale spera ed esaspera di vedere il talento messo al centro a dialogare con le continue polemiche, le caratteristiche di questa squadra sembrano legate sempre di più al fattore gestionale più di ogni altra cosa : il filotto di quattro vittorie di misura aveva resitutito una parvenza di forma ad un solo lato di questa squadra, quello lasciato in disparte dalle logiche progessiste che comprende un redivivo Bentancur (forse il più imprevedibile del triennio di mutazione della Juve) e il newcomer Locatelli caricato sulle ali dell’entusiasmo, anche la ripresa di Wojciech Szczesny sembra essersi esaurita nella passività di una linea difensiva impegnata a reagire con energia e un massiccio endorsment da un mezzo stampa, che porta lo scotto di raccontare la cronaca della società con più risonanza in Italia, ha sfalsato la prospettiva su giocatori inflazionati grossamente, con evidenti impatti su alcune individualità infuse dello spirito di rivalsa da giocatori come De Sciglio e Bernardeschi e del retaggio si è fatto il principale motivo di spinta nei risultati, ma complici guai fisici di questi ultimi i pesi sono caduti sulle spalle dei tanto chiacchierati e chiacchieranti senatori: Chiellini e Bonucci hanno cavalcato la scia del magico europeo diventando veri e propri egemoni del nuovo corso stagionale e nonostante il gioco remissivo di questo filotto li vedesse protagonisti morali, hanno portato in essere una serie di problemi nella base in campo e di rotazione legati al blocco difensivo e alla risalita della squadra col pallone che a mio modo di vedere hanno rilevato incongruenze e problemi di una squadra che nel lancio della moneta rappresentante la scelta di gioco di un coach ha difeso più con la croce che con la testa, dimenticando la qualità di pensiero dei propri singoli di spicco a servizio di un sistema che punta tutto sulle azioni del proprio avversario e come se si volesse legare l’equilibrio di una squadra come una cinta fa con il tessuto e il girovita su cui poggiava la squadra bianconera, con un 442 in doppia fibbia che dipendeva strettamente dal lavoro dei primi otto e dall’intensità dei secondi due. 

La questione del pochissimo atletismo della coppia solleva gli occhi su tutti i giocatori componenti di questo reparto e se è quantomeno superfluo parlare di Matthijs de Ligt come perno principale e scelta di gran lusso rispetto al redivivo Chiellini, Daniele Rugani soluzione conservativa al posto di Bonucci in un campo non del tutto da coprire, può permettere a giocatori che spendono tante energie di fare buon viso a cattivo gioco, invece che ridursi all’ultimo per intenso protagonismo teatrale di una recita con sempre meno spettatori.

Quattro-due-tre.. NO 

Per quanto l’autore sia stanco e avrebbe tutto il diritto di scrivere del quanto incoerente risulti la scelta di quel modulo, ovvero un 4231 coi nostri attuali centrocampisti, la questione che preme sulla coscienza di ciò che un mandato importante, come chiamato in altre sedi, rappresenta e va ben oltre le fantasie di stanza ci mette in condizione di essere quanto più realisti nella valutazione delle soluzioni. Il piccolo spiraglio che mi rende quantomeno fiducioso di non aver a che fare con una situazione da neofiti nonostante il calcio moderno segua un passo rapido, prerogativa verbale di questa società, è che questa squadra non necessita un piano A nelle intenzioni: la struttura che si vuole individuare è camaleontica per non dar riferimento all’avversario e la missione può esser condotta in molteplici modi differenti ma pur sempre creando complicità tra i giocatori, ottenendo il tanto agognato sorriso che questo modulo creò al tempo con tutt’altri interpreti e che non può di certo adesso replicare se non con grosse limitazioni nel talento offensivo. 

Quindi, divertirsi nel gioco del calcio di Allegri è in ultimo una questione di staffetta: esce uno, entra un altro. L’altro decide, quello di prima ha deciso a suo modo dando il massimo al piano tattico della gara. Così è come si vuole funzioni una squadra. La stessa ha riscontrato un gran problema: dei giocatori alternativi sono stati resi strutturali insieme (Cuadrado-Danilo sul lato destro, Rabiot e Bentancur in linea a rappresentare una via di mezzo sia dei costruttori che degli invasori) per salvare capre e cavoli, una cosa che funziona sul piano tattico ma che necessita prima o poi di far aprire le finestre per asfissia tecnica. La squadra in sé deve poggiarsi su un nucleo pensante e un nucleo offendente: entrambe di queste caratteristiche passano per un centrocampo che conta su dei veri interpreti, su una difesa che non compie fronzoli e su un attacco che si comporta di dovere e raccoglie i propri oneri senza essere il terminale ultimo, come il crossing game rappresentato dalla soluzione Cristiano Ronaldo aveva impigrito alcune delle sue terminazioni nervose principali (leggere di Leonardo Bonucci). Integralmente il centrocampo della Juve si compone di questi giocatori : Locatelli, Arthur, Bentancur, Mckennie, Bernardeschi, Kulusevski, Ramsey, Rabiot. La soluzione iniziale è stata puntare sull’esperienza e la fisicità con un centrocampo in linea e la problematica della conduzione laterale ha spostato anche Chiesa e Cuadrado alle pendici della prima cinta difensiva, con il primo dei due Ex-Viola a fare anche il ruolo di finta prima punta per esalarlo dalla costruzione ed esaltarlo nella brutalità della corsa. Risultato? Poca flessibilità nei cambi, poco riferimento negli ultimi spazi e soluzioni che hanno deresponsabilizzato ancor più il ruolo dei laterali Juventini. Stabilito quindi che alcuni di questi problemi necessitano delle basi forti, ecco tre concreti esempi su cui ripartire:

352: The unsafe bet 

La struttura permette di creare le cosiddette due linee ma punta sull’esigenza degli esterni di bruciare il campo in entrambe le fasi di gioco. Non disponendo più di Cristiano Ronaldo, è possibile inserire una buona dose di pressatori che creino scompiglio nel gioco e fornire una coerente alternanza di interventi facilitati dalla densità dei reparti. 

Punti a favore: 

- De-responsabilizzare il centrocampo della costruzione incentrandola sulla gestione ai lati del campo e trasformando i vecchi ruoli in ottimi compiti 

-Costruire anche a palla ferma in moltissime zone, puntando sulla creatività di Dybala, la regia lunga di Bonucci e la qualità di impostazione di De Ligt. 

-Darsi uno schiaffo morale dopo la vittoria dello scorso anno in Europa da parte di una squadra che presenta un assetto parecchio simile rivelandosi flessibili al cambiamento (questione Galliani-Allegri sugli assetti vincenti in Europa) Esempio tipo: Szczesny, De Ligt, Bonucci, Danilo, Alex Sandro/Bernardeschi, Rabiot/Bentancur, Locatelli, Arthur/Mckennie, Cuadrado/Kulusevski, Dybala, Chiesa (Morata, Kean, Kaio Jorge a supportare in corso) 

Punti a sfavore: 

-Poca flessibilità nei ricambi difensivi: inauspicabile che Giorgio Chiellini riesca a ricoprire quella posizione come in memoria Contiana, Danilo può ricrollare nella pesantezza di dover costruire badando a delle scellerate corse in recupero dell’ampiezza concessa agli avversari e per questa ragione si è optato di lasciare il cosiddetto binario a De Ligt, agghiacciante in teoria ma se supportata dalla possibilità di spostare poi il regista difensivo brasiliano sul piede opposto non risulterebbe l’abominio che ci si aspetta, se la cosa non dovesse snaturare le qualità del terzetto ed esaltarne l’altruismo collettivo (piuttosto che De Ligt alla riscossa dei due centrali campioni europei). 
 

The strange bet 4321: 

Il caos(?) delle mezze misure Appurato il totale fallimento del discorso 4312, dove sia gli interni di centrocampo poco attenti e la presenza di molteplici esterni fa incombere brutti fantasmi di incomprendibilità che sembrano non voler lasciare la Continassa oramai in closing settimanale, restituire una qualsivoglia maturità di intenti all’albero di Natale di Ancelottiana memoria potrebbe rivelarsi funzionale e non per i seguenti motivi.

Punti a favore: 

-La immensa quantità di giocatori a disposizione per creare un centrocampo lungo, mettendo nello slot delle mezzepunte molti dei giocatori che sembravano non avere un posto nel mondo, in rotazione e spaziale 

-Un posto nel mondo concreto per Paulo Dybala, che nel suo gioco profondo troverebbe dei sani approcci sia nella ricerca costante della profondità che nell’interpretazione del ruolo centrale nel quale sguazzerebbero bene anche Moise Kean che in una struttura iper verticale sarebbe esortato dal gioco di sponda a lui non tanto benevolo. 

-La dimensionalità precisa dell’attacco che piuttosto a dipendere da dei cross favorisce soluzioni con giocatori sulla stessa linea e che non necessariamente chiede ai suoi terzini una costante croce da sorreggere se supportata da buoni dialoghi di reparto. Esempio tipo: Szczesny, Alex Sandro/De Sciglio, De Ligt/Chiellini,Bonucci, Cuadrado/Danilo, Rabiot/Arthur, Locatelli, Mckennie/Bentancur, Chiesa, Kean/Morata, Dybala/Kulusevski/Bernardeschi (A supporto Kaio Jorge).

Punti a sfavore: 

-Il centrocampo nonostante alcuni volti che portano il nome di Arthur e Mckennie in zone che non siano la trequarti diano più stabilità di soluzioni rispetto al test di Empoli conta poche garanzie da parte dell’interpretazione della doppia fase dai due interni ai lati: se si può correre lo si farà sempre ma l’interpretazione richiede un lavoro mentale da parte dei terzini non indifferente, e sui quali equilibri si poggia la capacità di rotazione del coach. 

-La difesa potrebbe stressare le volontà di Locatelli, la diga costruita ad hoc necessita un buon impiego da parte di tutti e tre i centrocampisti. 

-La mutazione in corso d’opera potrebbe risultare spesse volte imprecisa, e svuotare il campo delle sue prime linee avrebbe troppo peso sui singoli giocatori, ai compiti si aggiungerebbero i doppi ruoli costanti se non si assesta nel dominio della gara.

433: La scommessa di ferro 

Poche cose sono così insolite nel mondo Juve: la struttura che ha fatto vincere l’amichevole di pre-campionato giocata a viso aperto con la Dea e dominare con l’Udinese nei primi 45 è stata progressivamente abbandonata per equivoci tattici che non riguardavano questo sistema ma la soluzione secondaria legata ad esso (i cambi del secondo tempo di Udine) e test poco significativi (la sconfitta rocambolesca di Napoli con molte assenze al netto) , e anche se con ben altri protagonisti nel mezzo ha fatto denotare un buono spirito di iniziativa da parte della squadra. Quindi, enunciamone pregi e difetti.

Punti a favore: 

-Struttura principe dell’intero nuovo corso Allegriano, la rinnovata fiducia a Dybala lo colloca senza troppi patemi al centro dell’attacco e la voracità degli esterni offensivi a disposizione di Max può far testo da sola e risolve l’equivocazione in maniera limpida e evoluzionaria, inseguendo il culto di un attacco ibrido piuttosto che speculativo. 

-Responsabilità nelle spaziature che dispone di esterni offensivi ma di sicuro impatto fisico, più pronti a creare problemi nei mezzi spazi e risolverli senza snaturare la propria struttura 

-Possibilità di variare interpreti con facilità: ogni reparto dispone dello stesso numero di giocatori tra titolare e sostituto e l’impatto del singolo sulle scelte sanguinose è ridotto all’osso. 

Esempio tipo: Szczesny, Alex Sandro/De Sciglio, De Ligt/Chiellini, Bonucci, Danilo, Arthur/Rabiot, Locatelli, Mckennie/Bentancur, Kean, Dybala/Morata, Chiesa/Kulusevski/Cuadrado (A disposizione Bernardeschi e Kaio Jorge). 
 

Punti a sfavore:

-La linea di centrocampo necessita dell’invasore che è rappresentato in Mckennie a cui però piace occupare lo slot di Rodrigo Bentancur e la sua soluzione alternativa per cercare soluzioni dal centrocampo sarebbe da sperare in una magica evoluzione di Rabiot sul piano realizzativo o di creare una linea sfrontata ma cosciente sul lato gestionale del pallone annoverando Kulusevski in questo blocco, avendo note le sue capacità fisiche e di gioco ad entrambi i lati si avrebbe un giocatore sul cui lavorare con calma, fattore alquanto buio nel momento attuale della rosa. 

-La stagnante ricerca di non prenderle da parte di questa rosa appiattirebbe le catene al punto tale da lasciarle sfilacciate e dipendenti dai giocatori di fosforo che da volubilità fisiche possano generale un collasso vero e proprio della struttura. 

-Le ragioni alla base dell’abbandono potrebbero essere più forti di quelle della ripresa in breve tempo con avversari modesti e nelle intenzioni dell’allenatore e del gruppo sarebbe facilmente constatabile il non fornire della linfa vitale immediata.

 

 


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