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Niente paura e niente sollievo. Conta solo la big picture

Cosa ci lascia Lecce-Juventus

Scritto da Fabio Villani  | 

 

Una volta accusavo scherzosamente molta parte della tifoseria juventina di non vedere le partite per i 90 minuti ma di fare una valutazione generale di quanto è successo sul terreno di gioco sulla base del televideo o su quella delle moderne app da smartphone.

In realtà tocca smentirsi un'altra volta, l'ennesima: probabilmente non servono nemmeno il televideo o le moderne applicazioni.

 

 

La Juventus di Lecce, a mio modo di vedere, ha fornito una prestazione molto migliore rispetto a quella vista contro la Lokomotiv Mosca, partita in cui sono arrivati (meritatamente eh) i 3 punti con due gol di Dybala: una prodezza balistica dell'attaccante argentino e un gol su respinta dopo un tiro da fuori di Alex Sandro.

Ha attaccato meglio, è andata molte più volte vicino a segnare. Ha prodotto calcio in un pomeriggio molto caldo, contro una squadra che può vantare un entusiasmo alle stelle, che dopo anni è tornata a giocarsi partite come questa, nel mondo pallonaro che conta. 

La Juventus di martedì sera ha spesso cercato di attaccare dalle zone laterali del campo andando spesso a sbattere contro il muro della squara russa, quella di oggi ha avuto un ritmo mediamente più basso ma, con dei fraseggi di grandissimo livello, è arrivata molto facilmente a concludere in porta attraverso degli scambi stretti davvero di grande fattura (Pjanic e Dybala sono stati tra i migliori). Se dopo 45 minuti il tabellino avesse segnato un vantaggio di 3 gol non ci sarebbe stato nulla da dire.

Ma il calcio, come lo sport in generale, è metafora della vita: imprevedibile. Spesso senza alcun tipo di senso logico.

Non c'era da strombazzare martedì sera (anche se mediamente una serata di Champions è molto più importante di una partita di campionato), non c'era da avere paura atavica dei 2 punti persi questo pomeriggio, non c'è da essere sollevati dopo aver sentito il triplice fischio di Inter-Parma finita 2-2 a San Siro che ha permesso alla squadra di Sarri di essere ancora in testa solitaria dopo questo turno di campionato. Al massimo il sollievo potrebbe arrivare a chi non ha voglia di leggere 3 giorni di fesserie social. In quel caso posso anche capirlo effettivamente.

Quello che voglio dire è che oggi dovremmo valutare un percorso di crescita a lungo raggio per questa squadra: vedere come gioca, quanto crea, come crea, come difende, quanto attacca e come decide di gestire i ritmi della partita.

Se dovessi trovare il pelo nell'uomo della partita di stasera, andrei a lamentarmi di quei cinque minuti disordinati dopo il vantaggio segnato da Dybala in cui ci siamo abbassati e siamo stati puniti con un rigore concesso al Lecce. Un difetto storico, da correggere. Senza dubbio.

Ma, al netto degli errori dei singoli (Bernardeschi su tutti), mi rifiuto categoricamente di fare processi alla squadra o alla gestione dell'allenatore (soprattutto andando a ripescare esperienze precedenti in maniera capziosa e stupida) dopo una partita che è finita 1-1 solo per grazia divina. E spero che la squadra continui a ad esprimersi e a fare il tipo di calcio che ha fatto fino ad oggi.

Quello che conta è la big picture: arrivare pronti agli esami di maturità delle grandi partite attraverso le idee, il gioco, la lucidità, i principi e l'applicazione.

Il pragmatismo estremo dei "3 punti e chi se ne frega", "ora conta giocare male, tanto a Marzo si accenderà la luce" non è e non sarà mai il mio modo di vedere questo sport. Lo reputo un modello propagandistico del nulla. Una sorta di telepromozione che deve dare speranze e vendere illusioni attraverso gli episodi e le intuizioni.

Ma alla Juve oggi serve giocare al calcio. Servono anche partite come questa. Magari per far crescere la determinazione e la cattiveria sotto porta. Ma mai sconfessando l'identità che si vuole costruire. Per nessuna ragione al mondo. Per tutto il resto...c'è il televideo. Forse. 

 

 


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