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Guida alla critica ragionevole

Il tema del giorno (o degli ultimi anni): Lele Adani e l'allegrismo

Dopo le ultime uscite di Lele Adani sulla restaurata Juventus allegriana la confusione regna sovrana nel mondo dei calciofili italiani. Su Twitter la gente è spaesata, discutendo sulla legittimità della propria libertà di espressione. Il caos dilaga; il seme del dubbio, ormai piantato, fa sì che anche i più noti opinion leader vacillino nelle loro convinzioni. “Sono tenuto”, si interroga il twitterino, meditando di cancellare il proprio account, “a partecipare al dibattito calcistico? Ho i titoli per giudicare questa squadra o quell’altra, un giocatore oppure un altro, un allenatore o il suo rivale ideologico?”. I litigi impazzano in ogni angolo, opinioni su opinioni sulla validità del diritto di ciascuno ad esprimere opinioni.

Nel marasma creatosi, ecco alcuni punti fermi per orientarci e diventare così degli utenti più consapevoli ed attenti.

  1. La legittimità della critica va inevitabilmente giudicata nel rapporto che esiste tra il soggetto criticante e quello criticato. Questo principio deve essere la stella polare di chiunque voglia diventare un appassionato accorto. Nello specifico: chi non allena non può criticare chi lo fa, chi non gestisce una squadra di calcio non può criticare chi lo fa, per estensione chi non gioca a calcio non può criticare chi lo fa.

Un esempio, per tornare al caso originale: Lele Adani non può criticare mister Allegri. Nessun tifoso può criticare la gestione sportiva di una società calcistica, e, come dovrebbe essere a questo punto ovvio, nemmeno il rendimento o la qualità di un giocatore. Hai presente il fastidio che provi quando il giocatore della tua squadra sbaglia un passaggio semplice? Tutte le volte che hai sbuffato per un controllo sbagliato, gli improperi volati per gol facili sbagliati? Tu sei seduto a guardare mentre loro giocano, come la mettiamo? Ma c’è ancora possibilità di redenzione. A corollario di questo principio: 

1a) in caso di ambiguità è opportuno schierarsi col potente. Come ci si deve comportare, infatti, se a muovere una critica è un allenatore nei confronti di un altro? O un calciatore (o ex) ad un altro calciatore (o ex)? Buonsenso suggerisce di schierarsi con chi in carriera ha vinto di più. I trofei in bacheca sono un ottimo ticket per esprimere opinioni. 

  1. La forma è tutto. Gesticolare, alzare la voce, utilizzare espressioni articolate e più di un avverbio ogni tre minuti invalida qualsiasi pretesa. Essere in linea con tutti i requisiti precedenti è condizione necessaria ma non sufficiente: la passione, se troppo ostentata, è disdicevole; la sintassi è fondamentale, il lessico va ricercato ma non troppo. Occhio, però, a chi parla in modo molto semplice: anche essere un cafone può far venir meno la legittimità ad esprimere opinioni.
  2. In ogni caso, il passato condiziona. Chi ha giocato nell’Inter, ad esempio (e in tal caso si è abilitati ad esprimere critiche, come abbiamo imparato, purché si sia raggiunto un numero soddisfacente di presenze), non è tenuto ad occuparsi di altre big del calcio italiano. Inevitabilmente chi lo fa è mosso da rivalità sportiva, antipatia, finanche odio.

 

Aderendo a questi facili ma inderogabili principi -e sono abbastanza certo di averne tralasciati altri- si potrà, infine, discutere nel merito delle cose. Ma attenzione! Il calcio è solo uno, e neanche il più importante dei modi in cui si può scegliere di intrattenersi. Ci sono tante cose su cui ci si può risolvere ad esprimere il proprio punto di vista. Consiglio prudenza.

 


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