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Innovazione e conservazione

Il DNA influenza davvero i risultati del calcio mondiale?

Scritto da Riccardo Manera  | 

Mai come prima, in questi ultimi 8 anni di successi, il dibattito calcistico riguardo alla Juventus FC era stato così acceso. Sui social, sui giornali, in televisione è, se non l'argomento principale, senza dubbio tra i temi più caldi.

Perché la Juve gioca così male? Perché nonostante gli innesti di giocatori di qualità (Cancelo, Can ma soprattutto, Cristiano Ronaldo) il livello qualitativo delle prestazioni offerte dalla Juve è rimasto pressoché invariato? Dove ricercare la fonte del problema? Il popolo del web (e non solo) ormai è diviso in fazioni di Allegriani e Anti-Allegriani. La spaccatura più netta si è aperta dopo l'intervista post-partita del tecnico bianconero ai microfoni di Sky Sport, a pochi minuti dal fischio finale di Inter Juventus. Causa, l'acceso diverbio avvenuto tra Lele Adani, opinionista di Sky, e appunto l'allenatore della Juventus. "Scontro" riproposto proprio ieri sera al termine del Derby Della Mole, in cui i due (soprattutto l'allenatore toscano, con un monologo di oltre 10 minuti) hanno avuto occasione di "chiarirsi" per usare un eufemismo e esprimere i propri concetti. E sono proprio le parole di Allegri a scatenare il dibattito.

Il calcio è davvero una questione di DNA? Davvero la storia passata dei club, delle nazioni, è imprescindibile per il calcio del 2019?
"Si parla tanto di evoluzione del gioco, ma come dico sempre credo che non sia tutto da buttare quello che ci hanno insegnato i vecchi allenatori. Parlo per i nuovi allenatori che devono farsi: fare questo lavoro è un mestiere difficile. Significa avere sensibilità e percezione, capire i momenti della stagione. Altrimenti diventa troppo scientifica. Poi rispetto i criteri di tutti, è giusto che vengano fatte delle critiche, ma ci tengo che si torni a fare formazione degli allenatori miscelando tutto quello che è stato insegnato e quello che sarà [...] Milan e Juventus, che ho avuto la fortuna di allenare, sono due società con dna diversi e contesti diversi, è inutile andare a scimmiottare Barcellona o Bayern Monaco, ognuno ha la sua identità".

Quanta verità c'è in queste parole? Lo possiamo stabilire snocciolando semplici risultati, tanto cari al nostro allenatore: "scimmiottando" il Barcellona e il tiki-taka, la Germania di Löw è diventa campione del mondo; Il Manchester City, prima di Pep Guardiola, non era nemmeno nella top 16 europea; andando ancora più indietro: il Barcellona, prima di Cruyiff, non era la squadra riconosciuta nel mondo che è oggi.

La Premier League può essere l'esempio più chiaro degli ultimi anni: da un calcio prettamente fisico, il campionato inglese si è rivolto verso un calcio fatto più di possesso, un calcio offensivo e a tratti spettacolare. Ciò è stato possibile grazie all'arrivo di grandi allenatori (Il già citato Guardiola, ma anche Klopp), o allenatori da nomi meno altisonanti ma di principi di calcio totalmente differenti dal "DNA" inglese (Pochettino, Emery e per ultimo Maurizio Sarri, che già in Italia aveva provato a portare una ventata d'aria fresca). Queste idee sono state senza dubbio alimentare dalle grandi possibilità economiche che l'Inghilterra è in grado di offrire, ma è sintomo di come ora il calcio globale si sia diretto verso una nuova direzione. Un altro esempio può essere il PSG, che con l'arrivo degli sceicchi ha portato sul mercato europeo un'enorme quantità di denaro, ma iniziando ad affidare la squadra ad un allenatore diverso dai precedenti (Tuchel è un'ottima allenatore, checché se ne dica).

Ma se per la teoria allegriana è vero che ogni squadra o nazione ha la sua identità, come rivoluzionando totalmente la propria idea di calcio, sono stati ottenuti risultati nettamente migliori? La base fondante del discorso, non sta nei risultati, poiché quelli si possono ottenere in molti modi, come fatto notare dal mister, tutti validissimi per carità. Ma nel 99% dei casi, vince chi è capace di saper valorizzare e portare principi innovativi, sostenendo le proprie idee con investimenti a lungo-medio termine che riescano a garantire risultati e al contempo spettacolo per gli appassionati.

La questione DNA si dimostra dunque solamente un'oasi felice in cui ritirarsi per poter giustificare le proprie mancanze e propri ideali che nel calcio moderno, risultano paleozoici. Poiché ad esempio, per il DNA del Milan, lo stesso Allegri avrebbe dovuto raggiungere risultati netti contro le squadre di minore identità o storia da lui affrontate (come ad esempio, il Tottenham che eliminò Ibra e co.). Ciò si aggancia all'altra parte del discorso fatto da Allegri ai microfoni di Sky: quello dei valori in campo, sviluppatosi alla domanda posta da Adani riguardo Barça-Liverpool giocatasi mercoledì: "Ci sono giocatori di livello e ci sono le categorie in tutte le cose. E' molto semplice. Il Liverpool ha avuto 4 palle gol, il Barcellona 3 e ha fatto 3 gol. Perché il Barcellona ha giocatori di livello più alto, e lo dissi già a ottobre che era favorito per la Champions. Ci sono certi giocatori che fanno la differenza".

Ma come, e il DNA? Il Liverpool ha 5 Champions come il Barça. Non è una contraddizione? Guardando nel giardino di casa nostra: la Juventus non ha giocatori di livello più alto dell'Ajax? La Juventus non ha Cristiano Ronaldo, il giocatore che più di tutti (insieme a Messi) eccelle nel fare la differenza? Le colpe sono della società che non ha fornito una squadra adeguata all'allenatore o dello stesso non ha saputo valorizzare il materiale umano a disposizione? Le analogie con i famosi 10€ di Conte si sprecano. Frasi indicative per il futuro del tecnico livornese? Lo scopriremo presto. Nel frattempo il campo ha parlato. E di solito i suoi verdetti sono abbastanza netti.

(Scritto in collaborazione con Simone Lazzari)
 


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