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Benvenuto Maurizio! La presentazione del nuovo tecnico bianconero

Sarri risponde per la prima volta alle domande dei giornalisti

Scritto da Giulia PjacaPulita  | 

Dopo un lungo e tormentato mese passato nell'ignoranza totale, finalmente la Juventus ha trovato il suo nuovo tecnico, il napoletano Maurizio Sarri. Sebbene ci siano state e continuino ad esserci molti dubbi sulla sua figura, nella conferenza stampa presentativa di oggi 20 giugno 2019 Sarri ha lungamente approfondito i suoi stimoli per la prossima stagione e il suo passato napolista, accompagnato dallo staff bianconero.

A prendere la parola per primo è stato Fabio Paratici, spiegando il perché la trattativa sia stata portata avanti così a lungo:"la trattativa non è durata oltre un mese. Noi avevamo le idee chiare dall'inizio, bisognava però avere rispetto per tutti. C'erano due grandi club in ballo, noi e il Chelsea e ci tengo a ringraziare il Chelsea per la collaborazione nella persona di Marina che si è rivelata ancora uno dei migliori dirigenti del nostro mondo. Tra grandi club ci vuole rispetto, solo questo."

Sarri continua, motivando la sua scelta, le sue sensazioni e il confronto con la Premier League: "bisogna avere le idee chiare sul percorso. Io tre anni fa arrivo al Napoli e do tutto me stesso. Sono andato a Napoli perché da bambino ero tifoso del Napoli e perché a un certo punto ho la sensazione che a livello nazionale possiamo diventare competitivi. Questo mi porta a dare tutto dal punto di vista professionale e morale. Negli ultimi mesi a Napoli ho un dubbio tra l'affetto che provavo e la parte più logica di me stesso che pensava il ciclo fosse finito. La società poi mi ha tolto il dubbio con Ancelotti, ma per colpa mia perché il dubbio era mio. A quel punto ho offerte da società italiane importanti, ma io preferisco andare all'estero per non passare direttamente dal Napoli a un'altra società italiana. Faccio un'esperienza bellissima perché la Premier è un'esperienza bellissima, ma nella seconda parte di questa esperienza sento il bisogno di tornare in Italia e questa possibilità mi è offerta dalla Juventus, la società più importante d'Italia. Penso sia il coronamento di una carriera lunghissima, penso di aver rispettato tutti, e alla fine dovevo rispettare il mio percorso. Sensazione forte. Non per il quando, ma per il come. Una società determinatissima, non ho mai visto una società così determinata a prendere un allenatore in 30 anni di panchina. Questo mi ha convinto, vedere una dirigenza così compatta ad andare verso un allenatore. L'atteggiamento di questi dirigenti, accompagnato dal nome che si portavano dietro, di determinazione e compattezza. Penso abbiamo davanti un percorso lungo. Parlavamo prima con il presidente a livello di strutture e organizzazione e penso che il nostro sarà un percorso un po' lungo. Le strutture devono essere la partenza, poi cambiare l'atmosfera dentro gli stadi, in Inghilterra ti giri e la panchina è circondata da bambini. Il clima è diverso. Ci vorrà un percorso, si deve partire dalle strutture, ma penso che in campo e a livello tattico abbiamo un po' di vantaggio. Il gioco? Qui fatica a decollare rispetto a loro perché lì il risultato è un po' meno importante e rischiano di più. Io sono contento per il fermento che vedo in A perché c'è un bel movimento di allenatori. Conte, Giampaolo, che ritengo uno dei giovani più interessanti finalmente in una grande panchina, Fonseca, Ancelotti, un ragazzo che stimo tanto come De Zerbi. Mi sembra ci siano i presupposti per vedere qualcosa di bello."

Inoltre, aggiunge questo quando gli viene posta una domanda sulla Champions League: "mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite. Perché non è dovuto. Se in una società innesca nei giocatori il meccanismo che il risultato è dovuto è una sconfitta certa. La Juventus in Italia ha l'obbligo di mettersi sulle spalle il fardello della favorita, poi se entriamo in un discorso di Champions è chiaro che la Juventus ha l'obbligo di partire con l'obiettivo di vincere, ma con la consapevolezza che a livello europeo ci sono squadre che hanno la stessa forza. Le responsabilità secondo me sono più forti a livello italiano che non europeo. A livello europeo è un sogno, un obiettivo da perseguire in ogni modo, ma con un coefficiente di difficoltà mostruoso."

Tuttavia, il tecnico non pone il modulo al centro di tutto: "non si parte dal modulo. Si deve capire quali giocatori sono adatti, conoscerli, parlarci e intorno ai giocatori più qualitativi costruire intorno il modulo. Ho fatto il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-3-2-1. Al Chelsea avevo un 4-3-3 diverso da quello del Napoli, dovevo accompagnare le caratteristiche di Hazard. Parliamo dai giocatori che possono fare la differenza, accompagnamoli e cerchiamo di sfruttarli al meglio. Il modulo sarà una conseguenza."

Le emozioni provate nel arrivare a gestire un organico del genere, comprendente Cristiano Ronaldo: "a livello emozionale se avessi avuto tutte le emozioni che mi avete attribuito voi sarei morto di infarti vent'anni fa. Non passo dai dilettanti alla Juventus, è un percorso lungo, quindi è chiaro che mi fa piacere essere qui e mi dà emozioni essere nella squadra più importante d'Italia, ma il percorso è lungo e fatto di passi. Sto arrivando al Chelsea, un grande club, chiaramente con meno storia della Juventu, quindi lo ritengo un ulteriore passo in avanti, ma sono tutti passi fatti gradualmente. L'emozione è forte, ma non è quella di un allenatore appena arrivato dai dilettanti. Mi sono trovato ad allenare giocatori forti, poi molto forti nel Chelsea, qui c'è un passo avanti e si va al top mondiale. E' un'emozione, è un ragazzo che ha quasi tutti i record che si possono avere nel calcio mondiale, mi piacerebbe fargliene battere qualcun altro. [...] Allora, io penso che ho vissuto tre anni in cui mi svegliavo la mattina e il mio primo pensiero era quello di sconfiggere la Juventus. La Juve vinceva e noi eravamo l'alternativa più credibile. Il mio dovere morale e professionale era dare l'impossibile per battere la Juventus. Ho dato il 110%, lo rifarei, non ci siamo riusciti, però è chiaro che è un'avversità sportiva. Nel momento in cui finisce, finsice ed è finita. La mia professionalità mi spinge a dare il massimo per la Juventus. Quello che ho fatto, posso averlo fatto con modi sbagliati, penso sia intellettualmente apprezzabile. Se ho un avversario che voglio sconfiggere in tutti i modi lo posso odiare, ma apprezzare."

Nonostante ciò, Sarri non pensa di aver tradito la tifoseria napoletana: "no, ho qualche messaggio che metterebbe tutto in discussione. Il giocatore che sta in un ambiente fa le dichiarazioni per convivere in un ambiente, poi i messaggi personali sono altri e con altri toni. Il resto della domanda ho risposto, ho fatto un percorso al Napoli da cui sono uscito per scelta della società, poi sono andato all'estero e sono tornato in Italia con una società importante che mi ha voluto fortemente. Io penso nella vita di aver rispettato tutti perché per chi ho lavorato ho dato il 110%. E lo farò anche per questi colori, può essere poco, ma di più non posso fare. Penso siano scelte logiche, senza romanzarci tanto sopra. Penso di aver rispettato tutti."

Paratici non ritiene che la scelta di Sarri porti ad un cambiamento di mentalità: "no, come prima conta vincere. Siamo qui per questo. Non c'è una ricetta su come vincere o perdere, se ci fosse l'inventore sarebbe ricchissimo. La scelta non è per questo, abbiamo fatto una scelta pensando che la spinta propulsiva data dall'alchimia che si era creata tra allenatore, squadra, società e tifosi potesse affievolirsi un po' e quindi abbiamo deciso di prendere questa decisione. Non è stato un motivo dettato né dal gioco né dai risultati che sono sotto gli occhi di tutti."

Sarri è rimasto colpito dall'ambiente bianconero e non si stupisce per lo scetticismo della tifoseria: "i club sono fatti di persone e al primo approccio mi ha colpito il fatto di vederli molto uniti tra di loro, compatti. E questo è importante perché lavori per un club ma il sentimento affettivo che ti porta a fare l'1% in più è il rapporto con le persone. A me sono bastate un paio di cene insieme a loro per capire che sono un gruppo forte per compattezza, determinazione e mentalità e questo mi piace molto. Per quanto riguarda Ronaldo, io ho allenato il giocatore che ha fatto più gol in Serie A, mi piacerebbe averne due. Sarebbe una soddisfazione enorme. Arrivo con scetticismo come dappertutto. Arrivo a Empoli dalla C e sono tutti scettici, arrivo a Napoli da Empoli e sono tutti scettici, arrivo al Chelsea dal Napoli e sono tutti scettici, arrivo alla Juve dal Chelsea e questo potrebbe scatenare meno scettisicmo, ma c'è la storia mia. Ed è giusto che ci sia, come un po' di rancore. Poi conosco un solo modo per togliere lo scetticismo: vincere e convincere. Andare in campo, fare risultato e divertire, non vedo altre strade sinceramente."

Parlando effettivamente di calcio, Sarri ha ben chiari i propri obiettivi e le qualità dei maggiori interpreti bianconeri:"io penso che chi ha le qualità di Dybala o Cristiano può giocare in ogni ruolo. Cambiano le caratteristiche e la squadra si deve adattare alle loro caratteristiche. Io per quanto riguarda il vincere posso dire poco, perché ho vinto poco, o almeno in categorie più basse. Penso che l'obiettivo di diveritrsi in campo non sia antitetico a quello di vincere. Se una squadra in campo si diverte e diverte il pubblico acquista quell'entusiasmo collettivo che spesso è benzina per andare a fare il risultato. Poi non si può pensare che una squadra che si diverte sia  frivola, chiaro che se manchi di applucazione il risultato viene meno. Io ricordo le prime partite che feci con l'Empoli in A una delle domande che mi veniva fatta più spesso era se pensassi di salvarmi giocando un calcio così brillante. Ci siamo salvati con sei giornate di anticipo. Non penso si debba giocare solo in un modo per fare risultato. La storia ci dice che hanno vinto allenatori con caratteristiche opposte e squadre con filosofie che sono il contrario l'una dell'altra. e' bene che durante il percorso uno rimanga convinto delle proprie idee, con la consapevolezza che nella propria idea c'è sia la vittoria che la sconfitta. Penso che si possa coniugare. Poi è diffiicle lo so."

Riguardo al tanto discusso abbigliamento e alle dichiarazioni passate: "volevo andare a prendere il potere e lo scudetto. Era un terreno puramente professionale, ma io in quel momento rappresentavo uno dei popoli che più di tutti amavano la propria squadra e non vincevano da 30 anni. Secondo me in quella stagione non potevamo stare su tre obiettivi, ne abbiamo scelto uno, provando a essere feroci e siamo stati in ballo fino alla fine. Si voleva il potere, lo scudetto, ed eravamo belli convinti. Non ci siamo riusciti, ma è stato un bel viaggio. La tuta? Parlerò con la società, non ne abbiamo parlato. Io preferirei non andare con la divisa sociale, chiaramente fuori dal campo indosserò la divisa sociale, c'è scritto nel contratto, in campo vediamo. L'importante è che a questa età non mi mandino nudo."

Come cambieranno le metodologie di allenamento: "cambiano le caratteristiche dei giocatori. Il Napoli era composto da giocatori di squadra, nel modo di pensare, muovevano la palla a velocità superiore. Il Chelsea è fatto da giocatori probabilmente di livello superiore, ma con caratteristiche diverse. Esterni che vogliono l'uno contro uno, non giocare la palla, quindi ti viene un calcio meno fluido, ma comunque altrettanto pericoloso. Il Chelsea aveva una squadra di 8 giocatori che potevano giocare con un tocco e alcuni individualisti che dovevi valorizzare. Alla fine eravamo diventati però una squadra difficilmente battibile. Ripetendo gli stessi allenamenti con gruppi diversi sarebbe da folli, perché si vorrebbero cambiare le caratteristiche dei giocatori, e allora devi andare ad allenare i dilettanti. Incontri giocatori con caratteristiche definite, l'ideologia rimane la stessa, ma poi devi avere la capacità di modellarla sulle caratteristiche di giocatori fatti, importanti, che ti fanno vincere le partite."

Ancora riguardo all'atteggiamento assunto a Napoli e i cori razziali: "a proposito dei cori razziali non è che cambio idea se cambio società. Penso che in Italia sia ora di smetterla. E' una manifestazione di un'inferiorità così netta che si respira negli stadi europei che mi sembra ora di dissociarci tutti e dire basta. E' giusto anche fermare le partite. Lo pensavo a Napoli, che è una delle squadre che subisce un certo tipo di atteggiamento, lo potevo subire di più a Napoli perché sono nato a Napoli, ma la mia idea di fondo rimane la stessa. Basta, è ora di smettera. Per quanto riguarda il resto, non so cosa dirti. Se esco dal San Paolo so che se mi applaudono è una manifestazione d'amore, se mi fischiano è una manifestazione d'amore. Uscirò volendogli bene come prima in un modo o in un altro. Ho fatto tutto quello che potevo fare. Per dovere morale, perché stavo rappresentando un popolo che ama la propria squadra e non vinceva da 30 anni, per dovere professionale, perché ho il dovere di tirare fuori il 110% da tutti. In più il coinvolgimento emotivo era forte, c'erano tutte le componenti perché io combattessi con la sciabola in mano per quei colori. Poi la storia è finita, lei sa com'è finita, ho fatto un gesto di rispetto estremo, con la mia condizione familiare, andando via un anno, poi se c'è la possibilità di tornare e questo me lo offre la più grande scoietà italiana io devo rispettare la mia condizione. E l'hanno fatto in un modo che mi ha convinto abbastanza in fretta. Poi se si vuole ricamare sul passato non se ne esce, io faccio il racconto di quello che ho vissuto, senza recitare parti."

Il mister farà presto la conoscenza dei giocatori:"ora ne parleremo con Fabio nel pomeriggio per organizzarci. Io volevo parlare con due o tre giocatori per condividere. Nelle imposizioni ci credevo 20-30 anni fa, ora l'età mi insegna che bisogna andare a condividere. Quindi voglio cominciare a capire quello che pensano di sé stessi e delle proprie caratteristiche i singoli giocatori, partendo da quelli più importanti nel senso di più incidenti sulle prestazioni e sui risultati. Sarà un percorso giornale, poi parleremo con Fabio oggi, poi se sarà domani o tra quattro giorni non so dire."

Viene chiesto a Paratici cosa abbia influito nella scelta:"il gioco non è stato centrale nel cambiare. Abbiamo scelto Maurizio perché pensiamo che in questo momento sia l'allenatore migliore per la Juventus come lo pensavamo per Allegri e per Conte. Crediamo sia il miglior allenatore possibile, ha mostrato grandi qualità in Premier, in Italia e a livello internazionale e credo sia il più adatto e il migliore per allenare la Juventus."

La costruzione della squadra passerà per i giocatori offensivi e il mercato:"io penso che i giocatori che possono cambiarci la storia sono i giocatori offensivi, per il resto penso che abbiamo bisogno di grandi giocatori e stia a noi organizzarli per rendere al meglio. Poi negli ultimi 30 metri di campo ci sono giocatori capaci di fare la differenza e giocaotri bravi ma meno capaci di fare la differenza. Bisognerà partire dai talentuosi, CR7, Dybala, Douglas Costa è un potenziale top player ancora non esploso con continuità, ma bisogna partire da questi giocatori di grande talento e vedere cosa costruirgli intorno. E loro possono darci tanto in fase offensiva e dovremo adeguare la fase difensiva su quello che loro ci daranno. I giocatori che fanno la differenza sono i talentuosi e bisogna partire da loro. Non ho nominato Higuain, non ho nominato Mandzukic. Sono sono andato per esempi, non volevo escludere nessuno. Voglio bene al Pipa, lo sapete, dipenderà da lui. Io voglio essere modesto, c'è una dirigenza che segue giocatori da anni e io ascolterò loro. Loro conoscono tutti meglio di me, forse tranne Higuain, io ho l'obbligo di ascoltare e asoclterò e mi adeguerò perché la riterrei una mancanza di rispetto impormi su una materia che conoscono meglio di me. Vediamo quale sarà il nostro modulo di riferimento e valuteremo. Non sono uno che ama fare richieste sui nomi, ma sulle caratteristiche sì. Parlerò con Fabio, che mi tiene aggiornato su tutto, ma a me interessano le caratteristiche. Lui conosce i giocatori meglio di me, io ho preparato 64 partite e 128 conferenze stampa, quindi il tempo per vedere giocatori in giro per il mondo non ce l'ho. Lui ha più competenza di me."

Quale sarà l'eredità di Allegri e la possibile influenza sui settori giovanili: "un'eredità pesante perché sappiamo che vincere quello che ha vinto lui non sarà semplice. Ha fatto un percorso straordinario, mi piacerebbe vedere nella squadra quello che Massimiliano gli ha dato, magari anche restare mezz'ora in difficoltà e poi in dieci minuti triturare la partita. A me è successo raramente ed è una gran cosa. Forse è conseguenza del modo di giocare perché senza possesso una squadra abituata ad averlo senza il possesso può andare in difficoltà. Invece con le squadre di Massimiliano anche se le stavi schiacciando avevi il retropensiero che tanto alla fine si perdeva. Quindi era diffiicle da affrontare. Da essere arrivato ieri a essere Ferguson c'è una ventina d'anni in mezzo. Per arrivare a incidere su U23 e settore giovanile dal punto di vista utopico mi piace molto, ma ci vogliono tempi lunghi. Con Fabio faremo qualche riunione con tutti gli allenatori, ma inserire una filosofia a tutto tondo penso sia un percorso lungo e non ho l'età purtroppo come Ferguson per farlo. Però cercheremo di inserirlo. Integralista? Sai, detto a uno che ha iniziato con il 4-2-3-1 e finisce al 4-3-1-2 a Empoli e a Napoli da qui è passato al 4-3-3 mi sembra un po' troppo."

Paratici ha voluto ribadire come Sarri sia stato la prima scelta: "sì, è stato la prima scelta. Non so poi cosa abbiamo detto, credo conti l'atteggiamento e i comportamenti che hai che fanno sè che l'altra persona senta che lo vuoi veramente."

Cos'è per il mister il Sarrismo: "io non lo so che è il Sarrismo. Ho letto sulla Treccani che è una filosofia calcistica e non solo. Io ho sempre vissuto e pensato così. non è che io siccome mettono Sarrismo sulla Treccani penso a come è nato. Io sono questo, negli anni ho cambiato modo di vedere il calcio e la vita, ma spero di essere rimasto lo stesso nei concetti. Una persona diretta, forse anche troppo, che ha bisogno di sentirsi dire quello che pensano e dire quello che pensa lui. Questo porta a scontri, ma sono scontri risolvibili. L'irrisolvibile è sempre il non detto, quello che scatena i rancori. Penso che nel corso degli anni uno cambi visione, ma spero di non avere cambiato i concetti di fondo che ho sempre avuto."

I rapporti con i colleghi nuovi e passati: "non ho sentito il presidente con il quale tutti pensano abbia un brutto rapporto, ma io Aurelio lo ringrazierò sempre. Penso che poche volte un napoletano tifoso del Napoli abbia allenato la sua squadra. E' stato un regalo enorme e lo ringrazierò sempre. Poi possono esserci divergenze ma fa parte dei caratteri. Non ho sentito Aurelio, non dirò mai neanche sotto tortura i nomi dei giocatori che ho sentito, perché sono cose personale. Massimiliano non l'ho sentito, di solito d'estate a cena con amici comuni lo chiamiamo e ci scambiamo qualcosa. Per il momento non l'ho sentito, ho fatto un'estate difficile, spero di avere un paio di settimane per sentire anche lui, ma di solito è un cazzeggio, non parliamo di argomenti seri. Con Gonzalo al momento non ho parlato dopo la festa post finale di Baku. Come ho detto prima dovevo farmi le mie idee sulla Juve e su questo ambiente. Lui è un tesserato della Juventus e quando rientrerà avremo modo di parlarci. Lui per qualità tecnica può giocare con chiunque, non lo vedo un grandissimo problema. Io dicevo che dipende da Gonzalo perché la mia sensazione è che Gonzalo abbia vissuto male il post Juventus e sia uscito un po' scosso dalla Juventus e abbia fatto una stagione in cui come sempre quando uno subisce un trauma emotivo succede. Se ha una reazione forte ha l'età giusta per fare ancora due o tre anni di grande livello. Non so cosa sia lo stile Juve, io ieri mi sono trovato a cena con amici, non con etichette o differenze. Certe cose le ho detto, certe le ho sbagliate, altre strumentalizzate, ho visto una polemica sulle maglie a strisce che stanno strumentalizzando perché in realtà una litigata con Orsato ed in realtà era un Empoli-Milan. La questione del dito è un errore da parte mia, una reazione esagerata da parte mia, ma penso che fu ben vissuta e spiegata anche nel post partita. Io andai in sala stampa e dissi che avevo fatto un brutto gesto, un eccesso di reazione nei confronti di 15-20 stupidi, non nei confronti della Juventus. Non ho niente contro i tifosi della Juve, sono stato sempre in panchina in mezzo ai tifosi, poi se in mezzo a 45.000 persone ci sono 20 stupidi che ti sputano e ti dicono terrone di merda non li considero tifosi della Juventus."

Cosa ne pensa Sarri di Bernardeschi e quale reparto può sposare la sua idea di calcio:"Berna mi piace, spesi parole belle per lui anche in Fiorentina-Napoli. Ha una qualità tipica dei grandi giocatori: la coordinazione. Mi piace molto, gli manca un po' di continuità perché lo vedo fare grandi partite e altre in cui può fare qualcosa di più. Secondo me è il momento della sua carriera in cui deve essere specializzato e iniziare a giocare in continuità in un solo ruolo. L'esperienze inglese, il mondo dei media inglesi lo conoscete meglio di me. ti fortifica, quello che mi dispiace è che qui viene riportato solo quello che scrivevano i tabloid e non il Times o il Guardian, che usavano altri toni. Però gli attacchi che subisci, se gli superi ti danno forza. Non si tratta di un reparto o un singolo. Il mio modo di fare calcio è diverso, ma mi devo misurare e capire quanto il mio calcio può portarsi con produttività alla Juve. Altrimenti diventa allenare sé stessi, voglio fare il mio calcio a ogni costo e porto punti in meno. La mia filosofia è la stessa, devo capire quanto posso portare e quanto va lasciato nelle mani dei giocatori nel rispetto delle loro caratteristiche. E' un discorso di filosofia. Se chiedete il mio parere vorrei vedere Pjanic toccare 150 palloni, a partita ma bisogna vedere se si può mettere in condizione di farlo. Poi a differenza di come dicono tutti io organizzo molto la squadra nei primi 70 metri ma negli ultimi 30 lascio molto spazio alle individualità, si gioca per principi non per schemi. Non si schematizza più. Ogni squadra è come un figlio, se educhi tre figli nella stessa maniera non vengono su uguali. Vediamo cosa viene fuori, vincere di più sarà quasi impossibile, ma proviamo a continuare a vincere e divertire tutti."

Per concludere, vengono chieste a Paratici le possibilità di Rabiot e Pogba: "Sono due grandi giocatori. Pogba è un giocatore del Manchester United, gli vogliamo bene, l'abbiamo fatto crescere. Noi su Rabiot facciamo la nostra corsa, come su tutti i giocatori che abbiamo in testa, ci siamo confrontati con Maurizio poi decideremo."


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