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Doppia lettura

Nè con Caressa, nè con i guru

Scritto da Fabio Villani  | 

 

Io non sto mai dalla parte di nessuno perché nessuno sta mai dalla mia.

Come al solito, anche dopo l'esonero di Allegri invece che mettere il calcio giocato al centro della discussione, ci si è spostati verso una direzione diversa: il derby tra giornalisti. La guerra tra le soffiate, i rumors, le dritte, le notizie vere e proprie.

In tutto questo mi immagino i nostri Paratici e Nedved, coadiuvati da Andrea Agnelli, sorridenti come non mai. Credo che anche io al loro posto sguazzerei nel vedere tanta gente impazzire. E non parliamo di quella sana psicosi (sempre se ce ne sia una sana) stile Ronaldo di quest'estate, parlo di quella che porta tanta gente ad interpretare un tweet, una faccina, un sorriso. Parlo di quella che ci fa diventare tutti dei piccoli Tim Roth nei panni di Cal Lightman, lo scienziato che studia il linguaggio del corpo e che è in grado di dare una mano alle autorità giudiziarie grazie alla sua interpretazione delle espressioni facciali nella serie tv Lie to me.

La mia umile (ma non troppo) posizione è che bisognerebbe cercare, parlo di chi fruisce il prodotto informazione, di ragionare con spirito critico. Attraverso una doppia lettura, attraverso una chiave critica. A prescindere dal messaggio positivo o negativo che si vuole dare.

Ad esempio trovo disdicevole il comportamento di Fabio Caressa (e del suo collega Ivan Zazzaroni) che nei due giorni di radio-televisione satellitare (Deejay il sabato, Sky Sport la domenica) più che fare l'interesse degli ascoltatori/abbonati nel dare le ultime novità per quanto riguarda la panchina della Juventus hanno pensato bene che fosse meglio smentire la notizia di altri colleghi. Questi ultimi molto probabilmente non avranno conversazioni giornaliere con le fonti dirette ma cercano di recepire informazioni passando per canali diversi. Non ufficiali. Sporcandosi le mani, in un mondo in cui spesso le mani si usano solo per prendere la forchetta.

Trovo altrettanto disdicevole il comportamento che hanno tenuto gli esponenti del giornalismo (se si può parlare di giornalismo) non-mainstream. No, non mi riferisco a Luca Momblano che attraverso una serie di ricostruzioni mirate e sensate è stato il primo a parlarci dei contatti (non della firma, attenzione) tra la dirigenza bianconera e Pep Guardiola. Contatti che alla luce di tutto quello che sta accadendo mi sembrano ormai accertati.

Parlo di coloro che da mercoledì scorso, grazie all'abilità nell'uso dei social network stanno inondando Twitter, Facebook e persino la nostra chat di Telegram nel postare una sorta di Catena di Sant'Antonio per propagandare non la notizia in sè (Guardiola avrebbe firmato un quadriennale da 23 milioni all'anno, presentazione il 14 Giugno) ma il proprio ego. Ottenendo una visibilità che va oltre i meriti dovuti.

Perchè in sede di mercato notiamo sempre più il comportamento stramboide di tutte le tifoserie: meglio credere a colui che ti porta la buona novella (anche se priva di dettagli, priva di motivazioni logiche, priva di ricostruzioni fondate) piuttosto che dar retta a chi fa il proprio mestiere. Che non è quello di grattarti la pancia e descriverti scenari difficili o poco probabili. Ma quello di informarti.

E se per caso il giocatore x o l'allenatore y, gurato in precedenza, non arriverà allora sarà sempre colpa di qualcun'altro (il dirigente, il presidente, il direttore sportivo, addirittura la squadra rivale che si è messa di traverso!) o molto semplicemente si passerà a nuovo nome da dare in pasto ad una platea che è pronta a credere a qualunque cosa.

Come ho fatto già intuire nel titolo e come ho ribadito nelle prime righe di questo pezzo: non sto dalla parte di nessuno. Sto solo dalla parte delle notizie. Quelle che al momento sembrano mancare un pò a tutti.


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