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Prove tecniche di ripresa

Il modello Bundesliga come esempio da prendere

Scritto da Fabio Villani  | 

 

Davvero vogliamo un calcio così?

 

La domanda che gli appassionati italiani che in un pomeriggio di metà Maggio si sono approcciati al ritorno del calcio durante la pandemia da Covid-19, forse addirittura per la prima volta al calcio tedesco meno chiacchierato e più concreto, è stata proprio questa. Vogliamo davvero questo tipo di spettacolo? Senza pubblico? Con esultanze distanziate? 

Chi mi conosce sa benissimo qual è la mia posizione: no, nessuno è contento di vedere una partita di pallone a porte chiuse, con i calciatori seduti in panchina tenuti ad un metro o due di distanza l'uno dall'altro. Nessuno lo dovrebbe nemmeno essere, non è la normalità delle cose.

C'è un piccolo problema: non sarà bellissimo ma oggi questo è l'unico calcio possibile. E lo sarà presumibilmente fino all'arrivo di un vaccino che i più ottimisti danno per scontato per la prima metà del 2021 ma che non lo è affatto perchè di scontato non c'è proprio nulla.

Inutile stare a parlare del concetto di prossima stagione come panacea di tutti i mali e ancora di salvezza sportiva in un mondo che in due mesi ha già notevolmente cambiato le sue abitudini quotidiane, anche se non soprattutto nei suoi piccoli gesti.

Qualcuno di voi nel Gennaio 2020 immaginava davvero di dover portare la mascherina ogni volta che viene varcato il confine tra la porta di casa nostra e il mondo esterno? 

La realtà, dura e duratura, è quella che vedrà noi, inteso come intera società globale, uscire da questa enorme disgrazia attraverso dei piccoli baby steps, delle piccole conquiste: dal poter uscire di casa per farsi una corsa, al trovare il famoso congiunto, alla riapertura della pizzeria, fino a quella del negozio e del parrucchiere, poi le spiaggie, le frontiere e via dicendo.

In tutto questo si inserisce il mondo dello sport, quello professionistico. Che non è mai stato una onlus che opera per il bene collettivo nel passato e non è un mostro a tre teste assetato dei vostri soldi (che potete tranquillamente non regalare, è pur sempre una scelta) da distruggere in questo preciso momento storico.

Era e resta una grande industria che negli ultimi 25 anni, piaccia o non piaccia, è soprattutto intrattenimento televisivo. Oltre che passione, fede e puro amore. 

Sentimenti che alle 15.59 di questo pomeriggio ho riprovato dopo due mesi dopo aver visto il gol di un biondo ragazzo norvegese che non gioca nemmeno per la mia squadra del cuore. 

Love of the game insomma, anche in forma bizzarra. E senza alcun interesse specifico per le sorti del campionato o dello svantaggiare l'avversario con mezzucci e sotterfugi.

L'elemento che oggi in Italia manca di più, oltre che ad una vera e seria comunione di intenti per quanto riguarda i nostri esponenti della politica calcistica.

 


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