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Inter-Juventus: Top&Flop

Amarissima sconfitta a San Siro

Scritto da Federico Arpini  | 

 

Top

Morata

Chissà cos’avrà pensato Alvaro Morata quando, stremato, ha rincorso l’ultimo pallone della sua partita a testa bassa, alzandola quel tanto da vedere Moise Kean pronto a dargli il cambio poco prima dell’inizio dei tempi supplementari. Potrebbe essere stato sollevato per la fine delle sue fatiche, potrebbe anche essere stato discretamente incazzato per dover lasciare il campo senza gol. Nella mia mente malata però, Morata è uscito pensando ad un celebre aforisma di Charles Bukowski: “a volte ho la sensazione di essere solo. Altre volte, ne sono certo.” Lo spagnolo gioca tutta la partita prendendo la palla sul cerchio del centrocampo, portandola il più su possibile, sfidando (sempre, ovviamente, da solo) i tre difensori dell’Inter a testa bassa, sperando di guadagnarsi una rimessa laterale o una punizione che gli renda immaginabile una giocata effettuata in area di rigore, ovvero dove dovrebbe stare. Non avrà mai questa fortuna, ma riesce comunque a mettere l’assist vincente sulla testa di McKennie che illude il tifo juventino. Se vi lamentate del fatto che Morata non segni provate a fare gol a calcetto giocando da portiere. Nel nulla della sua isola maledetta chiamata Juventus, Morata, come Robinson Crusoe, cerca disperatamente di resistere alle ostilità uscendone (lui sì) a testa alta.

McKennie

Nella Juventus 2021/22 l’area di rigore avversaria deve essere considerata “land of the free and home of the brave” perché l’unico che riesce ad occuparla con un’apparente stabilità è americano e risponde al nome di Weston McKennie. Segna il gol del momentaneo vantaggio e corre una quantità di chilometri incalcolabile, tanto che Rabiot (grande fan di Marrakech Express) lo apostrofa urlando “oh ma chi cazzo sei? Abebe Bikila?”  salvo poi tornare a vegetare in una zona di campo indefinita. Wes prova in tutti i modi a rendersi pericoloso: di testa, con il tiro da fuori, sulla fascia dando sempre l’impressione di voler stare vicino alla palla. Nella Juventus spaventata della stagione 2021/22, è già una gran cosa.

Kulusevski

Grazie alla mia proverbiale onestà intellettuale chiedo in prestito all’Avvelenata di Guccini un pezzo di testo “vabbè lo ammetto che sbagliavo e accetto il “crucifige” e così sia”. Kulusevski non fa, nel complesso, chissà cosa, ma dimostra voglia e soprattutto fornisce in quantità quelle giocate individuali (da solo) di cui la Juve ha un disperato bisogno per creare qualcosa là davanti. Il gol di McKennie nasce da una sua giocata sulla fascia destra, il tiro successivo (uno degli 8 tiri in 120’) è sempre suo, i recuperi su Brozovic sono sempre suoi. Insomma: Kulu è stato in partita per 70’ ed ha portato quell’imprevedibilità necessaria ad impensierire l’Inter quel tanto da non permetterle di pensare unicamente a sbranare l’inerme Juventus.

 

Flop

 

Alex Sandro & De Sciglio

Come se nella vita non ci fossero già abbastanza inciampi e problemi, se siete nati tifosi juventini, alle avversità si aggiungono anche Mattia De Sciglio ed Alex Sandro.  Il primo regala un rigore facendo fallo da dietro su Dzeko. Girato. Spalle alla porta. Al limite destro dell’area di rigore. La totale gratuità del gesto è ancora più grottesca se associata alla timida polemica che De Sciglio, da solo, porta al direttore di gara. Facendo qualche passo a sinistra troviamo Alex Sandro. Cioè, beati noi che l’abbiamo trovato perché lui non si ritrova più da almeno 3/4 anni. Comunque, se la crisi di identità non fosse abbastanza, il povero Alex si trova costretto ad affrontare le incursioni di Dumfries, Barella, Darmian ed eccezionalmente anche degli unni, grazie al filtro inesistente di Rabiot. Lo stop di petto da lega dilettantistica fatto al centoventesimo minuto dimostra anche quanto gli manchi Patrice Evra, rendendogli onore non spazzando la palla in tribuna ma regalandola agli avversari.

Locatelli

Il centrocampo della Juventus continua la sua trasformazione nel novello triangolo delle Bermuda dove ogni giocata sparisce in un’aura di mistero che nemmeno Enrico Ruggeri sarebbe in grado di raccontare con la sua vociona roca. La brutta novità è che Manuel Locatelli (centrocampista dinamico nell’Italia di Mancini) sembra essersi appiattito nel muro del pianto che è l’anemica manovra bianconera. Non riesce mai a trovare le geometrie corrette per innescare la manovra, né ad avvicinarsi alla porta in modo pericoloso come invece è avvenuto contro la Roma. Identificarlo come uno dei peggiori è un atto di fede: non voglio pensare che il nulla del centrocampo si possa impossessare anche di lui. Ma senza cambi di rotta repentini (e decisamente inattesi), la strada è tracciata.

Max Allegri

Massimiliano Allegri è l’emblema della solitudine di questa squadra. Mentre tutti i tifosi si disperano per una finale persa, lui si presenta a Canale 5 con un sorriso da far invidia allo sponsor di un dentifricio. Mentre si discute dell’assenza di gioco e del suprematismo dell’Inter in campo, lui parla di buona prestazione. Mentre i tifosi e la dirigenza chiedono risultati, lui parla di processo di crescita e uno/due anni prima di tornare a vincere. Mentre la società si dichiara soddisfatta della rosa, lui parla di gap da colmare. Massimiliano Allegri non è solamente un uomo solo, vive proprio in un’altra dimensione. Una dimensione in cui speculando in campo si può arrivare al risultato. Una dimensione in cui aspettare e colpire nelle debolezze degli altri è la forza della sua squadra. Una dimensione in cui “la stagione si può raddrizzare”. Una dimensione “di musichette mentre fuori c’è la morte”. Massimiliano Allegri è un uomo solo perché sente che l’ottimismo è il profumo della vita, mentre tutti gli altri stanno iniziando a sentire una gran puzza di merda.

 

 


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